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Nuove parole d’ordine per l’università

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«La continua e sempre più incisiva innovazione tecnologica condiziona da tempo le nostre vite, i modi di lavorare, di consumare e di trasmettere e recepire conoscenza, proprio in una fase storica dominata da una prospettiva economica che fin d’ora, ma sempre più in futuro, sarà basata sulle attività culturali e scientifiche e arricchita e sviluppata dai risultati della ricerca scientifica collettiva.

Di qui, da queste sintetiche premesse, l’affacciarsi sempre più convinto e diffuso, nel dibattito e nella pubblicistica, di concetti che si sovrappongono o sostituiscono quelli finora in uso, nell’intento di ricercare e delineare nuovi assetti economici e sociali compatibili con criteri di maggiore equità e di equilibrio ambientale.

Si sarà notato che sempre più spesso, e sempre più autorevolmente, opinioni che hanno caratterizzato per lungo tempo il percorso del nostro preteso sviluppo economico; parole d’ordine quali: privatizzazioni; competizione; meritocrazia; managerialità; brevetti e privative; diritti di esclusiva nella ricerca; valutazione premiale e punitiva, sono sostituite da: beni comuni; condivisione; cooperazione; equità; eguaglianza dei punti di arrivo e non solo di partenza; libero accesso ai prodotti e ai risultati della ricerca; aggregazioni spontanee di ricercatori per obiettivi di interesse dell’intera comunità scientifica; valutazione per consigliare e incoraggiare, mai per deprimere o umiliare.

La riflessione e la novità è nel linguaggio e nella prospettiva, e non è di poco conto. É il ritorno del prevalere del Pubblico sul Privato, dell’Inclusione sull’Esclusione, della Solidarietà sull’Egoismo, della Compartecipazione sull’Emarginazione. Si coglie nelle parole e negli atteggiamenti di Papa Francesco, nelle reazioni collettive, partecipate e vittoriose, alla pretesa di privatizzare risorse naturali essenziali come l’acqua; nel progressivo venir meno degli impedimenti brevettuali alla diffusione dei farmaci “salvavita”. Si respira un’aria nuova e diversa che coinvolge, in primo luogo, proprio la conoscenza sulla quale si innesta un nuovo modello di sviluppo economico. Scrive bene Enrico Grazzini (in L’economia della conoscenza oltre il capitalismo, Codice Edizioni, Torino): “Lo sviluppo dell’economia della conoscenza promette un balzo in avanti verso l’abbondanza. La Knowledge economy permette di combinare la creatività e l’innovazione tecnologica con l’automazione delle funzioni più monotone, ripetitive e logoranti sul piano fisico […] Esistono le premesse di un modo di produzione cooperativo fondato sulla libertà e l’interesse individuale ma anche sull’altruismo, sullo scambio trasparente e sulla reciprocità, cioè su fattori etici progressivi, non aggressivi e non violenti. Questo modo di produzione ha una legittimazione intrinseca dovuta alla sua efficacia e produttività nel trattare il bene di maggior valore: la conoscenza”.

Fabio Matarazzo, Tuttoscuola (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).

 

Enrico Grazzini - L'economia della conoscenza oltre il capitalismoLo sviluppo dell’economia della conoscenza, la formazione di una nuova classe costituita dai lavoratori della conoscenza e la diffusione di Internet annunciano il possibile passaggio dal capitalismo speculativo a un nuovo modo di produzione, basato sulla cooperazione e la democrazia economica. Infatti paradossalmente la conoscenza, su cui si fonda il capitalismo più avanzato, ha caratteristiche intrinseche difficilmente compatibili con il capitalismo stesso, perché è un bene economico non esclusivo e non competitivo. L’emergente knowledge economy sta dunque scardinando dall’interno i meccanismi produttivi attuali, che invece si basano sulla ipercompetizione e sulla proprietà esclusiva dei beni.

 

 

 

 

 

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